La FINP vista e vissuta dal suo Presidente Roberto Valori

Una piacevole chiacchierata con il Presidente della Federazione Italiana Nuoto Paralimpico, Roberto Valori, in cui racconta il suo percorso personale e quello della Federazione che rappresenta. Una realtà che in poco più di un decennio ha portato il nuoto paralimpico a livelli notevoli.

In un’Italia in bianco e nero, nasco nel 1963 senza le gambe e senza un braccio. Nel 1969, all’età di sei anni, mia madre insieme al medico di famiglia, raccoglie informazioni sull’attività proposta da un famoso medico neurologo polacco, naturalizzato britannico, Sir Ludwig Guttmann.  Guttmann promuoveva l’attività sportiva praticata da persone disabili, tornate dalla guerra con traumi midollari, e gettò le basi di questo movimento sportivo. A Roma questa attività veniva praticata all’ospedale Santa Lucia, che oggi è un’importante fondazione ospedaliera. Andai lì per un incontro, insieme a mio padre, e da lì è iniziato tutto e sono ancora qui.

Ho partecipato alle Paralimpiadi in Canada nel ’76, a 13 anni ero l’atleta più giovane di tutta le delegazione mondiale, che all’epoca contava 44 paesi (oggi sono più di 180). Dall’ ’81 all’ ’85 ho smesso, ma poi fortunatamente ho ripreso. Ho vinto una trentina di titoli italiani, sono stato campione del mondo nel ’90, poi campione europeo, bronzo paralimpico a Barcellona, ho partecipato a tre paralimpiadi, tra cui Atlanta con tre finali e record italiano. Nel 1996 Luca Pancalli, mente storica e frizzante del movimento paralimpico, mi ha chiesto di seguirlo in quest’avventura del Comitato Italiano Paralimpico, e da lì mi sono sempre occupato di nuoto: prima come consigliere federale all’interno della Federazione Italiana Sport Disabili, poi abbiamo creato il CIP e per 5 anni ho diretto il dipartimento degli sport acquatici. Infine, il 25 settembre del 2010 abbiamo fondato la FINP, Federazione Italiana Nuoto Paralimpico. Fino ad ora sono stato l’unico presidente, nel 2024 finirò il mandato.

C’è stata un’incredibile evoluzione: la FINP che vediamo oggi non è quella di dieci anni fa, ma neppure quella di quattro anni fa.

Come FINP non avevamo veramente nulla, siamo partiti da zero. E siamo cresciuti. C’è stato un balzo in avanti incredibile, direi che paradossalmente siamo cresciuti in maniera inversamente proporzionale. Specialmente come livello tecnico avanzato. Siamo partiti dal basso proprio: Sidney 2000 nessuna medaglia, Atene due medaglie, e poi, con la nascita del CIP nel 2005, a Pechino 2008 abbiamo cominciato a vincere con Cecilia Camellini. Nel 2012 a Londra abbiamo aumentato il numero di medaglie, a Rio 2016 le abbiamo raddoppiate, fino ad arrivare a Tokyo 2021 dove abbiamo raggiunto 39 medaglie olimpiche, di cui 11 ori. Questo denota che dietro c’è un lavoro incredibile e un’infinita passione. Fortunatamente non sono da solo: senza il gruppo di lavoro unito non si andrebbe da nessuna parte. Non sono solo neppure a livello politico, poiché sono accompagnato da consiglieri federali abili e volenterosi.  Abbiamo un nuovo segretario generale che è qui con me da marzo, Fabrizio Daffini, una persona molto appassionata e soprattutto molto competente e attenta. Con lui la federazione si è arricchita di una nuova forza importante. Azzeccato profilo lavorativo al suo fianco la federazione ha fatto un ulteriore passo in avanti. Nonostante il grandissimo lavoro lanciato dall’ex segretario Franco Riccobello, andato in pensione a marzo 2022.

Il messaggio che arriva all’esterno è incredibilmente positivo: sta cambiando l’approccio e l’attenzione che si da allo sport paralimpico, nello specifico ed in particolare modo il nuoto. Non credo ci siano altre attività che abbattono le barriere come immergersi in acqua.

Non credo ci siano altre attività che abbattono barriere come immergersi in acqua. In acqua ci si deve veramente mettere a nudo e i nostri atleti, con la loro dedizione e i loro risultati, sono incredibilmente efficaci per rafforzare il messaggio. La fase della pietà verso persone disabili è stata superata da un pezzo fortunatamente. Per far cambiare nelle persone la percezione nei confronti della disabilità ci sono mille maniere, però lo sport e il nuoto in particolar modo, hanno dato una scossa in questo senso. La gente comincia a pensare diversamente alle persone disabili grazie a tante cose che fanno i disabili ma soprattutto grazie al fatto che esiste la Paralimpiade, poiché viene vista da miliardi di telespettatori. Nel nuoto ti devi spogliare, la disabilità viene messa a nudo, e questo fa bene a chi vede e a chi pratica. Inoltre i nostri ragazzi sono un esempio di perseveranza, tenacia e spirito di sacrificio. Anche loro devono conquistare il risultato, tanto quanto i normodotati.

Un ulteriore traguardo è stata sicuramente la possibilità di poter accedere ai gruppi sportivi militari.

Quella è stata una grande conquista per la quale dobbiamo sicuramente ringraziare Pancalli e tutto il suo gruppo di lavoro. È stata una cosa che lui ha profondamente voluto e cercato e si è dato da fare per arrivare al risultato. Ritengo che sia importante non solo poter partecipare come atleti, ma avere anche la possibilità di poter proseguire la propria carriera lavorativa all’interno del gruppo militare, anche dopo aver smesso l’attività agonista di alto livello. È impensabile portare avanti la pratica sportiva d’élite e pensare di lavorare contemporaneamente: la quantità di tempo che devi dedicare all’allenamento non te lo consente. E questo vale per un normodotato come per un atleta disabile.

Anche il livello qualitativo nella preparazione dei tecnici è notevolmente migliorato: si punta ad avere allenatori, qualificati, preparati e competenti.

Assolutamente sì! Su questo stiamo lavorando insieme alla FIN, con l’obiettivo di creare l’istruttore unico e vediamo se ci riusciamo. Io sono fiducioso. Questo sarebbe un modo per fare una rivoluzione culturale silenziosa. La preparazione di un atleta paralimpico è l’accentuazione di quanto già si fa con un atleta olimpico: l’individualizzazione del percorso. Costruire un percorso su misura per consentire all’atleta di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Con un atleta paralimpico questo percorso inizia semplicemente prima nel tempo.

Quali riflessioni guardando a Parigi 2024?

Cerchiamo di mantenere il livello, anche se diventa una cosa difficile. Non impossibile ma difficile. Abbiamo affrontato sfide peggiori. Quando riesci a stare in piedi su una gamba sola, la differenza la può fare il tempo in cui stai in quella posizione. Abbiamo organizzato un collegiale nella prima settimana di gennaio proprio per dare una bella carica ai ragazzi nell’affrontare il 2023. E andremo avanti così tutto il tempo che ci separa dai Giochi di Parigi. Cercheremo di fare il miglior lavoro possibile insieme al direttore tecnico Riccardo Vernole e di mettere i ragazzi in condizione di lavorare al meglio perché se lo meritano, visto che la crescita della FINP è anche merito loro.